Il metodo I-SPK e la Lingua dei Segni

USO DELLA LINGUA DEI SEGNI NELLE DISABILITA’: PAROLE O COMUNICAZIONE?

Il metodo I-SPK

Io Se Posso Komunico

Negli ultimi mesi qualcosa in Italia si sta muovendo. In rete si trovano diversi nuovi approcci ed esperienze che mettono al centro del percorso riabilitativo la Lingua dei Segni italiana (LIS). Abbiamo quindi pensato di spiegare un po’ più approfonditamente cosa per noi significa utilizzare la LIS con bambini che non possono parlare. Per far ciò abbiamo bisogno di fare alcune premesse:

SULLA LINGUA…

  • La lingua dei segni italiana LIS è una lingua a tutti gli effetti, al pari dell’italiano, la differenza è che usa un canale visivo-gestuale anziché acustico-vocale. Come tutte le Lingue ha una sua storia, una sua grammatica e sintassi, è diversa per ogni paese e viene usata soprattutto dalle persone sorde.

  • Come tutte le lingue, comprese le lingue madre, non può essere insegnata per vocaboli singoli, ma serve poter “immergere” la persona -bambino o adulto che sia- nel sistema linguistico. I piccoli quando nascono, infatti, crescono ascoltando continuamente la lingua alla quale sono esposti, comprendendo pian piano i significati di alcune parole, associandole a immagini, suoni e situazioni. Il bambino inizialmente ripete parole o parti di esse, comprensione e produzione non vanno di pari passo, prima il piccolo apprende, poi pian piano impara a parlare.

  • Usare una lingua o usare immagini per comunicare non è la stessa cosa, una lingua –verbale, segnica o scritta- permette l’espressione di qualsiasi pensiero, mentre l’uso delle immagini consente di esprimere un numero limitato di concetti. Crediamo però in questi metodi che usano le immagini per comunicare, è sicuramente un passaggio importante per il piccolo, o per il bambino con difficoltà di linguaggio, un passaggio che conduce all’obbiettivo, lo sviluppo di una lingua vera e propria.

SULL’ASSENZA DI COMUNICAZIONE E LINGUAGGIO…

-Come descritto nell’articolo su i disturbi della comunicazione dobbiamo distinguere i disturbi della comunicazione primaria e secondaria. Nei primi non vi è attribuzione a deficit sensoriali, a disfunzioni motorie o altre condizioni mediche o neurologiche. Nei secondi invece si rimanda l’assenza del linguaggio verbale ad una condizione medica e o sensoriale.

Questa distinzione non è così chiara se parliamo di Autismo, o di sindromi in cui vi è un ritardo cognitivo ma non sufficiente da poter spiegare fisiologicamente l’assenza del linguaggio. Ciò che vogliamo affermare è che le cause dell’assenza del linguaggio parlato, anche lì dove è presente un deficit neurologico, hanno una base psichica, emotiva.

La differenza che invece vogliamo sottolineare è fra ASSENZA DI LINGUAGGIO VERBALE e ASSENZA DI COMUNICAZIONE. Lì dove un bambino o un adulto non può emettere suoni e parole ma direziona lo sguardo, indica, porta l’adulto ad un oggetto possiamo dire che ha INTENZIONE COMUNICATIVA, un desiderio che però non riesce ad esprimere attraverso le parole.

ABILITAZIONE O RIABILITAZIONE?

Definiamo il nostro metodo abilitativo, proprio perché vuole stimolare una capacità fino a quel momento  latente, per questo si fonda su un presupposto linguistico e uno psicologico. Quel bambino che non parla non ha mai parlato, ragion per cui non possiamo pensare di riabilitare, ma solo di capire perché non si è sviluppata tale capacità.

La prima domanda che ci facciamo è “questo bambino ha voglia di comunicare?” se sì dobbiamo insegnarli a comunicare in un modo diverso rispetto quello fatto sin ora, se no dobbiamo capire perché non riesce a comunicare. Per questo, il metodo I-SPK è un progetto di abilitazione al linguaggio perché non insegniamo singoli vocaboli, ma stimoliamo la capacità, posseduta in potenza da ogni essere umano, di apprendere una lingua.

Se non può parlare con la voce, quindi, noi gli insegniamo a parlare con le mani, ad usare la Lingua dei Segni, eludendo così deficit e/o limiti legati alla produzione verbale.

LINGUA O VOCABOLI?

Spesso ci chiedono se abbiamo dei vocabolari on line da poter usare con questi bambini. Si, abbiamo dei supporti tecnologici per supportare l’insegnamento, ma senza un percorso linguistico ad hoc per bambino e famiglia, il solo “vocabolario” non sarebbe sufficiente.

Il nostro obiettivo non è quello di far memorizzare tre o quattro segni ma dare la possibilità al bambino di comunicare, ovvero di mettersi in relazione con l’altro, di usare una lingua per parlare.

A CHI E’ ADATTO IL METODO I-SPK?

Alcuni genitori ci dicono “ma mio figlio ha delle ridotte capacità motorie, come farà?” è chiaro che essendo una lingua manuale ha bisogno di reggersi su una minima capacità motoria. Ma ribadendo che l’obiettivo primario è mettere il bambino in grado di comunicare, lì dove ci sarà un problema motorio sarà lo stesso  bambino ad adattare il segno alle sue capacità prassiche.

Anche nei bambini autistici il metodo funziona, proprio perché non è riabilitativo ma procede step dopo step sperimentando la possibilità di relazione, poi di comunicazione. Siamo certe che funzioni sempre? No, dipende. Ogni bambino, ogni famiglia è diversa dalle altre, per questo per noi è dirimente una fase di valutazione specifica, per capire se questi presupposti alla comunicazione ci sono.

Per fare maggiore chiarezza riportiamo qui tutti i casi in cui vi è assenza di linguaggio e o della comunicazione:

  • Assenza della comunicazione e del linguaggio come sintomo secondario ad una patologia medica, neurologica o genetica come nella Sindrome di: Cri Du Chat, AngelMan, Landau-Kleffner, Coffin Siris, Rett, West, trisomia 21, X-fragile, Prader-Willi, Phelan-McDermid, Charge, Mowat Wilson, Cornelia de Lange, George, Weaver;

  • Disturbo generalizzato dello sviluppo, Disturbo Disintegrativo dell’infanzia, Autismo;

  • Insufficienza mentale o ritardo cognitivo;

  • Ritardo secondario, il quale sta a significare che il sintomo ritardo o assenza di linguaggio, di verbalità o di comunicazione, è da riferirsi ad una lesione organica del SNC, o dei sistemi senso-percettivi o degli effettori periferici;

  • Lesione organica cerebrale (microdanno);

  • Cause esogene (IUGR, tossine ambientali, farmaci, alcool);

  • Anomalie sviluppo cerebrale;

  • Grave disartria;

  • Assenza di diagnosi con compromissione totale o parziale del linguaggio parlato

Questi sono i casi a cui ci rivolgiamo, un gruppo eterogeneo di sindromi metaboliche e neurologiche non esauriente, se pensiamo ad esempio a tutti quei bambini senza diagnosi.

Come detto precedentemente per capire se un bambino può usare il metodo I-SPK è fondamentale la valutazione, rispetto a questo potete leggere un nostro articolo di approfondimento.

Per riassumere:

  • Sì, la Lingua dei Segni può essere usata nei disturbi della comunicazione sia primari che secondari.

  • Sì, i vocaboli non sono sufficienti, il bambino ha bisogno di “immergersi” nella Lingua.

  • Sì, il primo obiettivo è permettere al bambino di entrare in relazione, il secondo è capire che può comunicare e solo dopo potrà parlare –segnando-.

  • No, la Lingua dei Segni non esclude affatto la possibilità dello sviluppo verbale, ma anzi, lo supporta. Recenti studi hanno dimostrato che sia le Lingue dei Segni che le lingue verbali attivano le stesse aree cerebrali.

  • Sì, poter parlare (con la voce o con i segni o con le immagini) è subordinato a poter comunicare, noi ci occupiamo di fare comunicare per poi poter parlare.

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